Il Fosso di Helm

Approfondimenti

Fëanor

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curufin, figlio di finwë e míriel, nasce in aman dopo che le tre stirpi giungono nel reame beato provenienti dal lago di cuívienen, all’incirca 20.000 anni dopo la creazione di arda (tanto per collocare temporalmente la situazione, è l’epoca dell’incatenamento di melkor, quello che viene definito il “meriggio di arda”). il nome fëanor significa "spirito di fuoco" e gli fu dato dalla madre, poiché nel partorirlo la forza del suo spirito e del suo corpo si infusero in lui, tanto che poi decise di essere sgravata dalla fatica di vivere. miriel infatti, partorito fëanor, si recò ai giardini di lórien e si addormentò, e il suo spirito passò silenziosamente nelle aule di mandos. finwë prese poi in moglie indys dei vanyar dando a fëanor due fratelli, fingolfin e finarfin.

il giovane fëanor da subito si distingue tra i noldor e tra tutti gli elfi delle terre beate: è abilissimo nei dibattiti, risoluto, forte nel fisico e nella mente, insuperabile nelle arti, fabbro dalle incommensurabili capacità, tanto da rivaleggiare con lo stesso aulë. fisicamente ricalca eccezionalmente la sua stirpe: occhi penetranti, alta statura, capelli nero corvino.

tra le opere che realizza il maggiore risalto avranno la scrittura che porta il suo nome (un perfezionamento del lavoro di rúmil, ideatore della scrittura tra gli eldar), e i silmarili, che tanto incideranno sulla vita di tutti gli esseri della terra di mezzo e addirittura sulle contese tra i valar.

nei “racconti ritrovati” tolkien allarga la visuale (non senza differenze talvolta sostanziali da quelle che saranno le vicende definitive narrate nel silmarilion) sull’arte di fëanor narrando di come egli cominci a lavorare le pietre che i noldor scavano dalla terra, impreziosendole con i materiali che aulë fornisce loro come rugiade finissime, petali di fiori rarissimi, pregiati cristalli che la mano abile del noldorin trasforma in “visori” in grado di rivaleggiare con gli occhi sempre acutissimi delle aquile di manwë. non solo, anche le perle recuperate dai teleri sulle loro spiagge ed in fondo al mare divengono parte di quell’immenso tesoro che risiede ad arda, e di tutti i monili costruiti appositamente per i valar, come collane di smeraldi, scettri, copricapo. sempre dai r.r. cito testualmente :” quindi tra i noldoli(antico nome, come gnomi del resto, dei noldor:::) si levò fëanor, per recarsi dai solosimpi (teleri:::) e chiedere loro una grossa perla; ottenne inoltre, un’ urna colma della più luminosa luce fosforescente raccolta tra la spuma in luoghi oscuri, e con queste cose tornò a casa. prese allora tutte le altre gemme e ne radunò lo scintillio alla luce di candide lampade e di candele d’argento aggiungendo lo splendore delle perle e le deboli mezzetinte delle opali, che bagnò nella luce fosforescente, e nella rugiada radiosa di silpion, lasciandovi cadere solo una goccia minuscola della luminosità di lurelin. a tutte queste magiche luci diede, perché vi dimorassero, un corpo di cristallo perfetto come lui solo lo sapeva creare e che non avrebbe potutto essere emulato neppure da aulë, tanto grande era l’agile destrezza delle dita di fëanor, e così fabbrico una gemma e questa splendeva del suo fulgore anche nel buio assoluto; qui egli la depose e sedette a lungo contemplandone la bellezza. ne fabbricò poi altre due, finchè ebbe esaurito i materiali, quindi invitò gli altri perché vedessero la sua creazione, ed essi ne furono immensamente stupiti; chiamo quelle gemme silmarilli…” (r.r. bompiani , pg 152). mi sono dilungato perché credo questo sia uno dei passi più belli in assoluto presente negli scritti di tolkien, e fotografa esattamente lo stupore e il senso di meraviglia che si provano leggendo di arda e dei primi anni dopo la creazione, immaginando le atmosfere delle terre beate.

tornando a fëanor, mentre i noldor “si affaticano su opere di cui non vedono la fine” melkor termina il suo periodo di prigionia e giunge in arda, non senza meravigliarsi di ciò che i valar ma ancor di più i figli di iluvatar hanno compiuto, e per l’enorme odio che nutre nei loro confronti comincia la sua opera di “distruzione” della perfetta società elfica e del grande equilibrio che c’è tra valar e stirpi elfiche. negli anni che si succedono infatti melkor si finge redento e frequenta gli elfi insinuando nei loro animi a lungo andare insicurezza e dubbi sul rapporto tra loro e i valar, rei, secondo le sue teorie, di aver condotto le stirpi ad aman per poterle controllare meglio e godere delle opere da loro mirabilmente realizzate. incredibilmente la purezza dei figli di iluvatar non riesce a contrastare efficacemente il suo piano, tanto da spingere allo scontro gli stessi fratelli, fëanor e fingolfin. il maggiore comincia a credere che il fratellastro voglia usurpare il suo diritto a sedere a fianco del padre, i due figli di indys invece pensano che fëanor nutra scarso amore per loro e voglia emarginarli. la vera origine di tutti i dissapori però diventano i silmarili, amati alla follia dal suo creatore, invidiati incommensurabilmente e bramati da melkor. lo stesso signore delle tenebre comincia a parlare agli elfi di armi, e così anche spade scudi e archi fanno la loro comparsa al mondo. l’episodio discriminante per il destino dei noldor è la lite che avviene tra fëanor e il fratello fingolfin nella casa del padre. più che una lite un vero e proprio scontro che solo la presenza di finwë riesce a contenere, e qui fëanor sguaina la spada e la punta al petto del fratello minacciandolo. i valar, che fno a questo punto non sono intervenuti, proprio per la gravità dell’accaduto, decretano l’allontanamento di fëanor e dei suoi sette figli, che a nord di valinor fondano una fortezza, formenos, in cui si trasferisce anche finwë, per l’amore che nutre verso il primogenito. melkor, ormai scoperto, fugge e si nasconde, inseguito da tulkas, fino ad arrivare un giorno proprio alla soglia della casa di fëanor, fingendosi amico, ma venendo male apostrofato dal noldo che svela i trucchi celati dalla mente di melkor, sbattendo la porta in faccia “al più possente di quanti dimorassero in eä”. passano gli anni e sebbene divisi i noldor vivono serenamente. manwë indice una grande festa che vuole celebrare il ricordo dell’arrivo delle stirpi in aman, e raduna tutti gli elfi a Taniquetil, fëanor compreso, che invero si riappacifica col fratello fingolfin. nel frattempo melkor assieme al nero ragno ungoliant giungono all’ezellohar e devastano i due alberi, ottenebrando valinor, e durante la loro fuga si fermano a formenos, rubando i silmarili e uccidendo finwë, qui rimasto. nel frattempo i valar, nel buio totale, convocano fëanor e gli chiedono i silmarili, poiché solo grazie ad essi la luce può essere ripristinata. egli oppone però un rifiuto secco, poiché non se ne vuole separare. giungono nel contempo informatori da formenos che raccontano della strage e della sottrazione delle gemme. fëanor impazzisce, urlando il nome di morgoth, che verrà così nominato d’ora in poi.

ora, essendo fuggito morgoth per il calacyria, fëanor prende la sua decisione e si reca sotto la reggia dei valar a tyrion su túna e raccoglie una grande folla, pronunciando un discorso che mai più i noldor dimenticheranno, abile com’è egli nell’arte oratoria. nelle sue parole ci sono sì spirito di rivalsa, sentimenti di odio come mai erano stati espressi da alcun essere vivente, risentimento, grande eroismo (parla di conquistare tutte le terre di là dal mare), ma anche pazzia e scarsa considerazione dei fatti. se fëanor viene infatti rinomato da tutti per le sue incredibili qualità, la popolazione dei noldor ora si divide, alcuni ritenendolo uscito di senno.

qui di fronte al suo popolo fëanor pronuncia, alla luce rossa di migliaia di fiaccole, il terribile giuramento che segnerà tutta la sua stirpe. con al fianco i sette figli giura di perseguire e uccidere chiunque possegga o abbia posseduti i silmarili, uomo, vala, elfo, o altra creatura vivente, pena la maledizione della sua stessa anima. dopo lunghe discussioni i noldor si dividono e chi tra loro decide di partire e seguire fëanor (tra gli altri finrod, turgon e galadriel) appronta il viaggio.

sebbene riluttanti i valar, non senza ammonimenti, lasciano partire le schiere, che si trovano da subito ad affrontare fatiche interminabili. fëanor tenta di ripercorrere la strada usata da morgoth come via di fuga, e cioè la via a settentrione che porta all’helcaraxe e di poi ai grandi ghiacci fino a giungere nella terra di mezzo, ma ben presto si rende conto che non può farcela , troppi sono donne e bambini e immane la schiera dei noldor. arrivato così sulla costa ad alquälonde città dei teleri, tenta di convincere olwe (fratello di elu thingol, ed ora re dei teleri) a dare loro le navi costruite dai valar e dai solosimpi assieme. ma al rifiuto di quest’ultimo il noldo reagisce con sproporzionata veemenza, ordinando l’attacco alla città, che impreparata, soccombe alla violenza dell’esercito. si compie così il primo fratricidio tra elfi, che causerà forte odio nelle ere a seguire nei confronti dei noldor ovunque essi andranno. rubate le navi e passato il grande mare arrivano alle coste del drengist, e qui fëanor compie un’altra azione dissennata, bruciando le navi che sarebbero servite alla seconda schiera guidata dal fratello fingolfin, che si trova così a dover affrontare i ghiacci perenni. molte perdite subirà, ma giunto sulla terraferma non dimenticherà i torti subiti.

giunto fëanor nello hitlum, avviene il primo scontro con gli eserciti di orchi mandati da morgoth. lo stupore degli elfi nel veder queste creature è grande, ma eccezionale è anche la loro risposta: la seconda battaglia del beleriand, dagor-nuin-giliath (battaglia sotto le stelle, poiché né sole né luna sono ancora sorti) se la aggiudicano i noldor dopo dicei giorni di combattimenti, sbaragliando completamente tutte le truppe che assediano il beleriand da anni col loro furore e la loro possanza.

ora fëanor esaltato dalla vittoria schiacciante e sordo agli avvertimenti dei figli stessi, convinto di essere superiore a morgoth, prosegue con il suo esercito fino a giungere nella contrada del dor daedeloth, presso angband. non conoscendo nulla della fortezza e del potere che in realtà morgoth vi cela, presta il fianco all’attacco dei balrog, un intero esercito di demoni alati che lo accerchia assieme al suo esiguo esercito. pur combattendo con valore, accerchiato dalle fiamme e cosparso di ferite, cade per mano di gothmog, signore dei balrog, e sarebbe rimasto ucciso se i figli non lo avessero recuperato e portato via. ma il possente noldo ormai condannato fa fermare le sue schiere sugli ered wethrin, capendo che la sua ora è giunta. pur sapendo e comprendendo che la vittoria per i noldor sarà pressoché impossibile, chiede ai figli di mantenere il giuramento e vendicarlo, dopo di ché, per l’ardore del suo spirito il suo corpo si incendia e si incenerisce.

la figura di fëanor, per molti aspetti simile in alcuni tratti a quella dell’ultimo thingol, delinea quei tratti eccezionali che nelle famiglie elfiche si ripresentano in vari discendenti, e cioè quell’insieme di qualità superlative che portano grande nomea ma anche instabilità e spesso conducono alla pazzia. nella fattispecie fëanor, potenzialmente il più grande degli elfi della sua epoca, e forse di sempre, cade miseramente, vittima della sua pazzia, del suo desiderio inconsulto che gli impone di possedere i silmarili, sminuendo tutti quei grandi atti compiuti in arda e tutte le capacità che lo hanno reso famoso. insomma, ci troviamo di fronte ad un essere che ha imprigionato in tre gemme la luce creata dagli dei, quasi fosse anch’egli un vala. eppure tolkien, con questi esempi di vita, ci porta sempre coi piedi per terra dimostrando come anche i più valorosi possano cadere per colpa della bramosia e dell’attaccamento alla materialità.

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