Il Fosso di Helm

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Aldarion ed Erendis

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la storia di aldarion ed erendis è una delle tante narrate nei libri di tolkien e una di quelle che più ci permette di vedere una dietrologia degli eventi che stanno alla radice di quanto narrato nel signore degli anelli.

aldarion – o anardil (amante del sole), questo era in origine il suo nome, cambiato poi in quello che richiamava la sua attività di rimboschimento – era figlio di tar-meneldur, quarto re di númenor, e della regina almarian.

nei racconti incompiuti tolkien lo descrive come:

 “un uomo di alta statura, forte e vigoroso di mente e di corpo, i capelli d’oro come sua madre, pronto al riso e generoso, ma più orgoglioso di suo padre e ancor più deciso a far di testa propria.”

un giovane testardo e determinato, insomma, che amava il mare e la carpenteria sopra ogni cosa.

il nonno materno di aldarion, vëantur, dimorava sulla riva meridionale di rómenna, dov’era il porto principale dell’isola. qui aldarion trascorreva la maggior parte del suo tempo, imparando l’arte della navigazione. in occasione del  venticiquesimo compleanno del nipote (che nei racconti è indicato come il traguardo della maggiore età), nel 725 della seconda era, vëantur salpò dal porto di rómenna portandolo con sé nella terra di mezzo. lì aldarion conobbe círdan e gil-galad ed esplorò il lindon e l’eriador occidentale per oltre due anni e concepì un grande amore per il mare e il desiderio di una nave che lo solcasse alla ricerca di coste inesplorate.

fu così che aldarion cominciò i suoi innumerevoli viaggi, allorchè il nonno gli regalò la nave númerrámar. per anni solcò i mari e navigò presso le coste della terra di mezzo, dai mithlond (i porti grigi) alla baia di belfalas e istituì a tale scopo la gilda dei venturieri, in cui arruolò i migliori marinai fra i dúnedain. la gilda dei venturieri aveva sede nell’eämbar, la nave fatta costruire da aldarion come propria dimora, attraccata al largo di tol uinen, un’isoletta posta nella baia di rómenna da uinen, signora dei mari. le lunghe assenze di aldarion furono causa di dissapori con il padre, che pose un limite all’abbattimento degli alberi per la costruzione di vascelli, a cui però il figlio rispose recandosi a cercare legname nella terra di mezzo. qui, alla foce del gwathir (l’inondagrigio), fondò il porto di vinyalondë.

al compimento del centesimo anno di età, aldarion venne proclamato erede al trono di meneldur; fu in occasione dei festeggiamenti che incontrò per la prima volta erendis, figlia di beregar, della casa di bëor. erendis “bruna di capelli e aggraziatamente esile, con i chiari occhi grigi di quelli del suo sangue” fu subito colpita dalla bellezza del principe. ma prima che i due si guardassero con amore trascorsero molti anni, giacchè aldarion faceva continuamente vela verso la terra di mezzo con la sua nuova nave, la palarran, cioè la “lungivagante”. era costumanza in númenor che prima che una nave salpasse dal porto una donna ponesse un ramo di oiolairë sulla prua, in segno di amicizia con osse e uinen. tar-meneldur, in collera col figlio, proibì che le sorelle o la regina osservassero la tradizione, mostrando così di non voler concedere la propria benedizione ai suoi viaggi. fu erendis allora a portare ad aldarion il “ramo del ritorno”, e fu forse in quell’occasione che il giovane si innamorò di lei, indi per cui al suo ritorno le fece dono di un diamante portato dalla terra di mezzo. ma aldarion partì ancora, e ancora e ancora e fu solo nell’858 che i due si scambiarono la promessa di fidanzamento sulle pendici del meneltarma, e il re donò a erendis un appezzamento nell’emerië dove le fece costruire una casa. erendis non volle accettare da aldarion nessun dono di fidanzamento, desiderando portare come unico gioiello il diamante che le era stato regalato anni prima;

“allora aldarion s’avvide che erendis aveva fatto incastonare la bianca gemma a guisa di stella in una reticella d’argento; e, su sua richiesta, glielò legò alla fronte”

da qui, si osserva nella nota 18 a fine testo, derivava probabilmente l’uso dei sovrani di númenor di non portare una corona, ma un bianco gioiello a forma di stella sulla testa.

trascorsi però appena cinque anni, il principe partì di nuovo e durante questo periodo erendis patì grandemente la sua lontananza e i númenóreani cominciarono a guardare in cattiva luce aldarion, pensando che si fosse comportato ingiustamente con lei. finalmente, nell’anno 870, quando aldarion fece ritorno, i due si sposarono in armenelos e, in occasione delle loro nozze, gli eldar si recarono in númenor recando in dono un albero bianco per aldarion, che fu piantato nel giardino della dimora dell’erede al trono. nell’873 nacque dal matrimonio una figlia, ancalimë, che diverrà la prima regina regnante di númenor.

lentamente, aldarion ricominciò a occuparsi di porti e foreste, piantando alberi per ottenere più legname per le navi; infine, nell’877, in preda a un inestinguibile desiderio di tornare per mare, il principe salpò nuovamente per la terra di mezzo a bordo della hirilondë. e qui è opportuno fermarci un attimo.

nei racconti incompiuti, tolkien scrive:

 “e allora nei cantieri di rómenna le seghe e i martelli entrarono in funzione, mentre tra molte imbarcazioni minori andava prendendo forma una grande carena irta di costole; e gli uomini se ne meravigliavano. turuphanto, la balena di legno, così la chiamavano, ma non era questo il suo nome. […] hirilondë, la cercaporti, tale il nome che (aldarion, ndr) le aveva dato.”

e ancora, in un passo precedente:

“[…] essendo aldarion uomo che guardava lontano, al tempo in cui il popolo avrebbe avuto bisogno di più spazio e di maggiore ricchezza; e, lo sapesse egli stesso chiaramente o no, sognava la gloria di númenor e la potenza dei suoi re, e andava alla ricerca di teste di ponte a partire dalle quali allargare i propri domini.”

aldarion, quindi, sembra forse alla ricerca di nuove basi da cui lanciare l’espansione di númenor, ma è solo in un passo successivo, quando si narra della lettera che aldarion consegna a suo padre al suo ritorno, che comprendiamo appieno la portata della sua attività nella terra di mezzo. si trattava di una missiva da parte del re gil-galad, che denunciava il ritorno dell’ombra su endor.

“una nuova ombra si leva a est. né si tratta della tirannide di uomini perfidi, come ritiene tuo figlio: un servo di morgoth si agita […] anno per anno esso acquista forza, perché gran parte degli uomini sono proni alla sua volontà […] se hai braccia di uomini che ti avanzano, prestamele, ti prego […] un grande varco si apre verso la terra di calenardhon; e per esso non potrà non venire l’invasione dalll’est. […] la tenebra che sta per calare è piena di odio nei nostri confronti, ma non lo è meno nei vostri. il grande mare non sarà troppo vasto per le sue ali se le si permetterà di giungere a pieno sviluppo.”

il porto di vinyalondë, dunque, doveva essere una base da cui difendere il litorale nel caso in cui sauron si fosse mosso. gil-galad ha già intravisto la potenza di mordor crescere sempre di più, ne ha previsto il potenziale pericolo e insieme con aldarion, mosso dall’inquietudine, ha messo mano alla costruzione di un’opera fortemente ostacolata dalla mancanza di braccia; insomma, gil-galad sta chiedendo aiuto a tar-meneldur, sa già che quando la potenza di sauron si dispiegherà tutta – anche se questo avverrà solo molti anni dopo – soltanto una grande alleanza fra elfi e uomini ne potrà arginare la minaccia.

il re di númenor, d’altro canto, non riesce a sopportare il peso delle conseguenze di una decisione di quella portata:

 “prepararsi o lasciar correre? […] dal momento che ognuna delle due strade può condurre al male, che valore ha la scelta?”

questo si chiede tar-meneldur in un intenso monologo che esprime tutta la drammaticità del momento in cui il re di un popolo che ha vissuto in pace per ottocento anni deve scegliere se prepararsi alla guerra o abbandonare i propri amici. prende allora una decisione spiazzante: abdica, rinuncia allo scettro in favore del figlio aldarion, pentendosi di tutti i contrasti che fino ad allora li avevano allontanati. aldarion, così come il consiglio, riceve la notizia con sommo stupore: 

“che un tale re debba rinunciare allo scettro mentre ha ancora tutto il suo vigore e la sua saggezza, è cosa impensabile.”

così, nell’anno 883, tar-aldarion ascende al trono di númenor; ma il matrimonio con erendis è ormai rotto; sentendosi abbandonata, al ritorno dal suo ultimo viaggio la moglie lo ha accolto con freddezza; benchè lo ami ancora, l’astio si è impadronito del suo cuore; essendo del lignaggio di Elros, aldarion può disporre di una vita molto lunga; diversa è la situazione per sua moglie: il suo tempo a disposizione è molto più breve, e mentre il marito solca le acque del grande mare ella invecchia e sfumano le possibilità di dargli un erede maschio. potrebbe forse essere questo il motivo per cui aldarion emanerà, successivamente, un decreto per imporre agli eredi al trono di númenor di sposare solo membri della casata di Elros.

fredda nei confronti del padre è anche la piccola ancalimë, che dalla madre ha ereditato la sfiducia negli uomini e si sposerà soltanto molto tardi e poco felicemente.

una storia d’amore che si conclude dunque tristemente, un unicum, forse, nel panorama tolkieniano che si distanzia di un abisso dalle storie di amore incondizionato a cui il silmarillion e il signore degli anelli ci hanno abituati. nel finale dell’appendice, tolkien lascia però intravedere uno sprazzo di luce, il baluginio dell’amore di una volta che torna a fare capolino nel cuore di erendis quando:

 “divenuta vecchia, trascurata da ancalimë, ridotta a un’amara solitudine, tornò a provare nostalgia per aldarion; e, saputo che era partito da númenor […] si decise a lasciare l’emerië per raggiungere, in incognito, il porto di rómenna […] erendis morì per acqua l’anno 985.”

quanto ad aldarion, le ultime parole su erendis che tolkien gli fa pronunciare, esprimono tutta la sua amarezza:

 “mi siano testimoni i valar, che avrei preferito questo: una bella regina che mi frustri e mi schernisca piuttosto che la libertà di governare mentre dama elestirnë si spegne nel suo crepuscolo.”

 

tinúviel

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