del Prof. Adanost
originale: http://frodo.users.ch/uan/biblioteca/css/canon.htm - traduzione di Hísië
Per molto tempo una delle più importanti discussioni circa lo studio della Terra di Mezzo da una prospettiva storica ha riguardato il valore che potevamo assegnare a ognuno dei singoli testi presenti nell'opera di J.R.R. Tolkien. In molti casi abbiamo peccato volendo circoscrivere il campo di studio unicamente alle opere pubblicate quando l'autore era ancora in vita: Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli, più Il Silmarillion e i Racconti Incompiuti. Tuttavia, agli storici della Terra di Mezzo va sempre troppo stretta questa limitazione dell'opera. In alcune occasioni, lo studio ha portato a scoprire contraddizioni all'interno di questo nucleo, di questo Proto-Canone, (che fu poi cambiato da Tolkien nel corso delle varie edizioni) sia tra i libri pubblicati, sia dentro a uno stesso libro. Persino oggi, a più di 25 anni dalla morte di Tolkien, si continuano a produrre variazioni, anche se di minor importanza, come la nuova edizione di The Silmarillion, che presenta leggere modifiche. Un esempio di contraddizione interna è dato dal racconto di Galadriel e Celeborn, in cui varie versioni di una stessa storia si mescolano in modo che solo un'analisi di coscienza dell'opera e delle sue origini può portare a conclusioni soddisfacenti. D'altra parte, un'attenta analisi della serie La Storia della Terra di Mezzo, pubblicata da Christopher Tolkien, offre una visione molto più ampia della storia di Arda, con testi che difficilmente possiamo scartare o autorizzare a prima vista, poiché nonostante appartengano a epoche e a concezioni precedenti, non sono state né rivedute da Tolkien in un secondo tempo, né rifiutate in toto. Quando prendiamo in mano Il Silmarillion, per esempio, ci rendiamo conto sempre più di dove si spinse l'edizione, arrivando a racchiudere molto più materiale di quello che all'inizio si era pensato. Christopher Tolkien non fa aggiunte al testo del padre, [1]bensì applica in alcuni casi le sue "forbici di mithril" e fa sfoggio della sua grande conoscenza dei testi in un "taglia, copia e colora" che, lungi dallo sminuire un'opera, la trasforma in una nuova. Tantissimi testi e un'unica storia. Come fare per studiarla?
Gli esperti delle lingue della Terra di Mezzo hanno affrontato prima di noi questo problema, aggravato a sua volta dal fatto che la maggior parte dei vocaboli presenti nelle lingue elfiche proviene da un'opera, Le Etimologie, che sebbene sia contemporanea ai primi balbettii della redazione de Il Signore degli Anelli, in molti punti sembra non essere stata rivista bensì ampliata a mano a mano che avanzava la scrittura, fino ad arrivare al momento in cui, sfortunatamente, viene dimenticata. Le preoccupazioni creative di Tolkien si concentrano nella scrittura de Il Signore degli Anelli, l'opera lo coinvolge e gli fa produrre altri scritti, che in molti casi non prenderà più in mano. Dopo la pubblicazione de Il Signore degli Anelli, Tolkien riflette sulla pubblicazione della sua grande opera Il Silmarillion, che deve diventare coerente con le nuove opere (Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli, definitivamente inserite nella mitologia tolkieniana e già situate all'interno di Arda). Comincia quello che io chiamo la fase di revisione di Tolkien o, secondo Atanelda di Gondolin, il periodo filosofico o, secondo altri autori, la fase teologica. Alla fine tutti ci riferiamo alla stessa cosa. I linguisti hanno dovuto prendere in mano tutto il materiale, adattando (ove necessario) quello precedente, soprattutto i Lexicons che corredano I Racconti Perduti, con la premessa di non entrare mai in contraddizione con il materiale prodotto in seguito. Questo materiale è meno evoluto e più primitivo, perciò bisogna mettervi mano quando non vi è altra soluzione. A man a mano che spiegherò, vedremo come questo materiale può rivelarsi più recente ed evoluto agli occhi di uno storico, anche se per noi questa caratteristica non sarà tanto favorevole quanto per i linguisti, anzi sarà l'opposto perché il testo si allontana dalle fonti storiche.
Vorrei che fosse chiaro, prima di proseguire, che io non sono un esperto di storia, anche se posso essere considerato uno studioso della storia della Terra di Mezzo. Questo lavoro è aperto pertanto alle critiche di chi conosce meglio di me i metodi dello storico e l'analisi di testi storici.
Come organizziamo i testi?
Ho scelto una classificazione che all'inizio potrebbe sorprendere alcuni, perché intendo trattare tutti i testi usciti dalla penna di Tolkien come opere più o meno storiche. Questo fatto obbliga ad accettare le regole del gioco che lo stesso Tolkien propone nel Prologo e nelle Appendici de Il Signore degli Anelli. Lui non è l'autore, ma un traduttore o trascrittore. Questo non implica che si dia meno importanza a Tolkien come autore, anzi, aumenterà con la sua capacità di sviluppare diverse tradizioni, permettendoci -come persone estranee alla sua subcreazione- di entrare in questa e di concepirla come un tutto che come vedremo può essere coerente. Come si è detto più volte, Tolkien è un uomo che, nell'arco di una vita, è riuscito a portare a termine nei confronti del suo mondo secondario, lo stesso lavoro che interi popoli fanno nel nostro mondo primario. Non voglio entrare nella speculazione di quando o come arrivarono a lui i testi originali, bensì voglio concentrarmi sulla loro provenienza e trasmissione nel tempo, con l'obiettivo di gettare nuove basi per lo studio della storia della Terra di Mezzo. Si tratta di un progetto senz'altro ambizioso, ma spero che alla fine si possa realizzare.
Fin da ora utilizzerò la denominazione "Materia" per ognuna delle correnti attraverso cui ci giungono le leggende della Terra di Mezzo, parallelamente alle denominazioni utilizzate di solito per i cicli epici in Europa (Materia di Britannia, Materia di Galles, ecc.) che nel nostro gioco storico seguono le vicende della Terra di Mezzo. Atanelda le chiama "strade" nel suo eccellente saggio Ælfwine; ma poiché la mia stessa classificazione si discosta dalla sua per certi versi, mi permetto di fare la stessa cosa nel mio.
Alla base di questo studio, ipotizzo l'esistenza di cinque grandi Materie all'interno delle quali possiamo classificare tutto il legendarium della Terra di Mezzo. Le Materie sono le seguenti:
Materia della Contea;
Materia di Númenor;
Materia di Imladris;
Materia di Ælfwine;
Materia di Porlock.
Come potremo osservare nella classificazione elaborata in addenda a questo studio, gli scritti apparterranno a una o più di queste Materie. Questo non deve sorprendere, perché dipende dal fatto che buona parte dei testi è condivisa da più popoli. Lungo il corso della storia della Terra di Mezzo sono avvenuti numerosi contatti tra i saggi delle varie razze, e dopo il periodo storico della Terra di Mezzo, vediamo la presenza di Ælfwine come mezzo di trasmissione del legendarium nel tempo. Ælfwine non crea una nuova Materia, ma ci fa giungere (e probabilmente interpreta) le opere delle tradizioni precedenti.
Materia della Contea
È costituita da quello che si chiama il Libro Rosso dei Confini Occidentali, che secondo il Prologo de Il Signore degli Anelli consta di cinque volumi. Il primo di questi è il diario di Bilbo e la narrazione della Guerra dell'Anello raccontata da Frodo e Sam (Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli). Il quinto fu aggiunto ai Confini Occidentali certamente dai Paloidi delle Torri e contiene commenti, genealogie e altri documenti che si riferiscono ai membri Hobbit della Compagnia. Qui potremmo considerare anche Le avventure di Tom Bombadil, L'ultima canzone di Bilbo e buona parte delle informazioni delle Appendici, soprattutto C e D. Buona parte delle bozze delle Appendici che compaiono in Peoples of Middle Earth (HoME XII) potrebbero essere incluse, almeno parzialmente, in questa raccolta. Inoltre, il quinto libro includerebbe i commenti e le note fatte a Gondor nel Libro del Conte, nonché alcuni testi de I Racconti Incompiuti che si riferiscono agli avvenimenti legati al futuro dell'Anello.
Ci restano ancora tre libri: Le Traduzioni dall'Elfico di Bilbo Baggins. Tradizionalmente si dice che corrisponda a Il Silmarillion [2] però o la versione pubblicata non è che un riassunto, o sono scomparsi gran parte dei contenuti di questi tre libri. Io credo che buona parte di quelli contenesse poesia (uno dei principali interessi di Bilbo). Il Silmarillion in quanto tale (inteso unicamente come il Quenta Silmarillion, così come è stato editato e pubblicato da Christopher Tolkien, e le due opere che lo accompagnano o precedono, Ainulindalë e Valaquenta) formerebbe uno dei tre libri di Bilbo. Le altre due opere de Il Silmarillion (Akallabêth e Degli Anelli di Potere e la Terza Era) farebbero parte di un'aggiunta effettuata a Gondor quando Findegil copiò i testi che ci sono giunti, completando così un cerchio che comincerebbe con la storia della Guerra dell'Anello, e da questa, per mano di Bilbo, risalirebbe fino alle origini di Arda e lentamente tornerebbe attraverso Gondor fino alla fine della Terza Era. Un'altra aggiunta è probabilmente rappresentata dalle traduzioni del materiale contenuto in I Lai del Beleriand. E ci rimane l'ultimo volume, composto sicuramente da canzoni e testi più brevi, che possiamo supporre sia andato perduto o di cui siano stati conservati solo alcuni frammenti.
Questa discussione presenta tre pregiudizi storici: Il Gondoriano presente soprattutto nelle Appendici; il più importante almeno in quantità, che mi permetto di chiamare Il Contado, e infine quello prodotto da Elrond e dalle fonti di Imladris, collegate principalmente ai Noldor delle case non Fëanoriane e ai Sindar del Doriath. [3]
Lo studio di questo materiale e la sua struttura, come già detto "circolare", ci permette di spiegare una delle grandi incognite de Il Silmarillion pubblicato: l'Ultima Profezia di Mandos circa la Dagor Dagorath. Questa profezia rompe con l'idea di un'opera dalle origini oscure, [4] offrendoci un'uscita dalla storia, una visione della fine. È probabile che Bilbo sapesse davvero poco sulla Profezia, ma Findegil e i dotti di Gondor la conoscevano senz'ombra di dubbio. Fu la stessa struttura dell'opera che spinse anche lui a lasciarla da parte. Findegil era un semplice scriba o possiamo vedere in lui uno spirito letterario, anche quando parla di testi storici? Suppongo che non lo sapremo mai. Possediamo solo la sua copia, [5] eseguita su richiesta del bisnipote di Peregrino, il Libro del Conte di Minas Tirith, copia a sua volte del Libro Rosso dei Periannath, conservato presso i Grandi Smial nella Contea. Possiamo intuire che il Libro del Conte contenesse annotazioni che non erano presenti nella copia originale conservata dai Tuc, e dal Prologo de Il Signore degli Anelli sappiamo che Tolkien ebbe accesso a entrambe le copie completando l'una con l'altra.
Materia di Númenor o Dúnedain
Legata profondamente alla Materia della Contea e alla Materia degli Elfi (che vedremo tra poco), include tutte le opere conservate nell'antica Númenor, sia quelle scritte sull'isola sia quelle giunte attraverso Númenor. In essa possiamo inserire il libro de I Racconti Incompiuti I e la maggior parte de I Racconti Incompiuti II (tranne la Storia di Galadriel e Celeborn, di fonte principalmente elfica). Sicuramente vi potremmo anche trovare buona parte delle opere raccolte nella Materia della Contea riguardanti la Prima Era, nonché altre opere che ritengo appartenenti alla Materia degli Elfi, ma che non ci sono giunte (o forse devono ancora essere scoperte): l'Aldudénië di Elemmirë, il Noldolante di Maglor, il Narsilion, oltre al Valaquenta e all'Ainulindalë (testi che sarebbero presenti, in una versione o nell'altra, in tutte le Materie). Queste opere, che ritengo appartengano a entrambe le materie, sono caratterizzate dalla trattazione di fatti precedenti la fondazione del regno di Númenor, momento dal quale possiamo considerare che la cultura scritta degli Atanatári si differenzia definitivamente da quella degli Elfi. Benché siano portatori di un'antica tradizione elfica, i discendenti del regno di Númenor nella Terza Era ne creano una propria, notevolmente diversa. Sicuramente questa tradizione culturale apparve già nella Prima Era [6], ma viene eclissata dalle opere elfiche contemporanee.
Altri scritti che potremmo qui inserire sono i documenti conservati e redatti nei Regni in Esilio durante la Terza Era e all'inizio della Quarta: Gli Annali dei Re (la base delle Appendici A e B), l'Akallabêth, Degli Anelli di Potere e la Terza Era, Il Disastro dei Campi Iridati, Cirion ed Eorl e La Battaglia dei Guadi dell'Isen. Anche I Druédain e Le Palantiri farebbero parte di questo corpus del sapere Dúnadan. Di nuovo, potremmo includere qui materiale proveniente dal volume XII della HoME (questo tomo è di grande interesse per gli storici studiosi della Terra di Mezzo, poiché contiene molti testi che in seguito furono ridotti o eliminati a causa della pressione editoriale alle Appendici). Ci sarebbe qualche altro testo che potrebbe essere inserito, come Tal-Elmar, un tentativo di dare una visione di Númenor dal punto di vista degli Uomini Selvaggi dell'Eriador.
Per organizzare questa visione della Materia di Númenor, possiamo concludere dicendo che sovrapponendosi alla Materia di Imladris ci racconta la Prima Era, e raccoglie tutto il materiale sugli Uomini, e soprattutto su Númenor durante la Seconda Era, e Arnor e Gondor assieme ad alleati e nemici nella Terza.
Materia degli Elfi o di Imladris
Con questo nome chiamo i testi trasmessi attraverso la "strada" elfica detta Materia di Imladris, giacché questo fu il luogo ove si dovettero raccogliere tutti gli scritti durante la Seconda, la Terza e l'inizio della Quarta Era. A questa appartengono tutte le opere attribuite agli Elfi. Le strade per giungere a Imladris sono da una parte attraverso gli autori stessi o attraverso le copie dei loro libri (tutti i documenti sul Beleriand e alcuni su Valinor: Narsilion, Ainulindalë, Valaquenta, Noldolantë), e dall'altra i documenti giunti grazie a Númenor da Tol Eressëa, che si sovrappongono così alla Materia di Númenor, dove si situerebbero l'Aldudénië, l'Ambarkanta, il Nurtalë Valinóreva, ecc. I principali autori sono Rúmil di Tirion e Pengolodh di Gondolin. Altri testi pubblicati da questa tradizione sono gli Annali Grigi, il Lhammas, la Storia di Galadriel e Celeborn, Gli Istari, l'Athrabeth, ecc. Come si può vedere, questa Materia è molto legata e sovrapposta a quella di Númenor, stabilendo due (o più) strade di trasmissione parallele per le stesse opere. Purtroppo (per lo storico), molte delle opere della Materia degli Elfi appartengono a questioni filosofiche e linguistiche dal valore relativamente irrisorio per la ricerca storica (non è così, invece, per le altre sezioni delle Scienze della Terra di Mezzo).
La difficoltà principale che presenta questo materiale è data dal metodo di lavoro degli eruditi elfici. In una nota appartenente sempre al tomo XII della HoME, ci viene detto che il metodo di lavoro di questi eruditi si basa principalmente sulla tradizione orale e sulla conservazione mnemonica di questa. Con questa citazione si implica che la capacità ritentiva degli Elfi era molto superiore a quella della razza umana. Gli scritti del sapere elfico rispondono a necessità di ricerca e ad annotazioni con l'obiettivo di facilitare l'apprendimento, e non la trasmissione completa del sapere. Lo scopo delle opere più complesse è senza dubbio quello di trasmettere la conoscenza degli Eldar agli Uomini. Forse è per questo che l'unico insediamento elfico in cui sappiamo essere esistita una biblioteca era Imladris (non che vi siano molti dati sugli altri insediamenti, ma questo basta come possibile ipotesi di ricerca, poiché è compatibile con tutti i dati in nostro possesso).
Materia Anglossassone o di Ælfwine
Senza dubbio la più discutibile e la più discussa. Comprenderebbe la maggior parte di quello che è stato pubblicato nella HoME (tranne I Racconti Perduti, che richiedono un saggio a parte). Include tutto quello che apprese il marinaio Ælfwine (secoli IX-X) durante il suo soggiorno a Tol Eressëa, e che tradusse in medio inglese o anglosassone. La maggior parte dei testi appartiene anche ad altre tradizioni. Quello che ci interessa davvero di questa "strada" non è il testo in sé, poiché si tratta in generale di un testo appartenente già a una seconda materia, quella di Imladris, ma la sua trasmissione fino ai giorni nostri. Questi testi creano davvero un ponte tra i Giorni Antichi e l'Era Moderna. Così come ci assicura Tolkien (riferendosi a una delle sue opere preferite, il Beowulf), "possiamo essere riconoscenti che il prodotto di un carattere tanto nobile sia stato preservato per caso (se così è) dal drago della distruzione" [7].
Il tema di Ælfwine [8], il marinaio che trovò la Strada Diritta e giunse a Tol Eressëa, è decisamente la materia più intricata e complessa nel campo degli autori. Il suo nome in inglese antico significa "Amico degli Elfi", un nome tutt'altro che insolito nella sua epoca. Era un lontano discendente di Eärendil, perciò il Desiderio del Mare ardeva forte in lui.
Ælfwine era un navigatore e un trovadore al servizio del theng di re Eadweard, Odda. Nacque attorno all'869 d.C. Quando aveva sei anni, suo padre partì per mare con la nave "Éarendel" e non fece più ritorno [9]. In gioventù apprese la lingua gallese, che era quella di sua madre. Al servizio di Odda navigò per il Galles e l'Irlanda, e fu sempre affascinato dal mare. In Irlanda ascoltò gli Imram di Maelduin e di San Brendano, e sentì parlare della terra dell'ovest, sommersa, e i cui superstiti si erano insediati in Irlanda [10].
Verso il 915 d.C. i danesi attaccarono Porlock. Alla fine furono respinti e Ælfwine e la sua compagnia catturarono, al tramonto, un cnearr danese. Ælfwine e Tréowine, il suo migliore amico, con due compagni [11], Ceola del Sommerset e Geraint [12] del Galles Occidentale, navigarono oltre l'ultima costa dell'Irlanda, e continuarono a navigare fino a perdere coscienza. L'ultima cosa che si sa del viaggio è che Tréowine vide il mondo affondare sotto di loro: avevano trovato la Strada Diritta.
Di Tréowine e i suoi compagni non si sa altro. Quando Ælfwine si risvegliò, si trovò su una spiaggia e un gruppo di Elfi portò la sua nave fino a riva. Si trovava a Tol Eressëa: lì i Noldor lo istruirono, apprendendo così la loro lingua. A Tavrobel, nell'entroterra dell'isola, conobbe Pengolodh, che gli insegnò il sapere degli Elfi.
Al suo ritorno in Bretagna, Ælfwine traduce le opere che ha appreso, come la Narn i Chîn Húrin, gli Annali e il Quenta Silmarillion, con commenti riguardanti i nomi. Trascrive anche le Dangweph Pengolodh (Le Risposte di Pengolodh) sulle lingue elfiche, il Lhammas e tanto altro.
Da questo momento si apre una nuova questione: la conservazione del testo. Il modo più plausibile per conservarli era attraverso una biblioteca monastica sopravvissuta, con molta fortuna, fino ai giorni nostri, e i cui scritti fossero infine caduti in mano di Tolkien. Questa ipotesi ci permette inoltre di formulare, in modo semplice, l'ultima materia.
Materia di Porlock
Prendiamo la copia del testo di Ælfwine appartenente ai monaci cristiani nei secoli X-XI. Così come i monaci irlandesi dell'epoca rielaborarono le leggende celtiche, introducendovi elementi biblici, non sarebbe strano che la stessa cosa fosse avvenuta con le leggende elfiche, collegandole a un teorico Imram Eriol (Viaggio di Eriol/Ælfwine). In esso, Eriol giunge a un'isola in cui gli viene consegnata la storia degli Elfi. Il tema centrale del filo conduttore è abbastanza ripetitivo nei cristianizzati cicli celtici: dai viaggi di San Brendano alle peripezie di Maelduin, viaggiando di isola in isola, questi personaggi vivono avventure incredibili, apprendendo strane conoscenze, e tutti bevendo da fonti molto più antiche. Insomma, un tema conosciuto e una strana leggenda. I monaci la riscrivono nuovamente, utilizzando il viaggio di Ælfwine come base della narrazione. Si tratta de I Racconti Perduti, di origine anglosassone, in cui però si percepiscono influenze di opere di provenienza scandinava, e da cui possiamo pensare che il testo sia successivo all'invasione danese (agli inizi del secolo XI). In questi la storia si presenta alterata e avvolta di elementi mitici, come disse quel lettore al quale Allen&Unwin affidarono la lettura della Ballata di Leithian, avvolti da una timida magia celtica. Parafrasando Tolkien, I Racconti Perduti cercano di riunire "il più indiscreto e meno rigoroso sapere elfico che potesse, almeno in alcuni settori e a dispetto di alcune gravi voci galliche, preservare tanta parte del passato nordico per armonizzarlo con la cultura meridionale e con la nuova fede". [13]
Conclusioni
In seguito allo studio dell'opera tolkieniana pubblicata, possiamo vedere come Tolkien, con gli anni, sposta il centro del suo legendarium dagli Elfi agli Uomini. Se guardiamo i testi dal punto di vista cronologico, notiamo che mentre negli anni '20 e '30 predomina solamente la Materia di Imladris, con il passare del tempo la Materia di Númenor acquista importanza, anche se non arriva mai ad avere un ruolo dominante. In alcune occasioni, Tolkien si chiede quale sia il punto di vista delle leggende. In Morgoth's Ring vediamo come Tolkien metta in questione il lavoro fatto fino a quel momento, nonché la sua coerenza con l'attualità, includendo la trasmissione nel tempo, e conclude dicendo che "quello che presenta Il Silmarillion sono tradizioni (soprattutto personalizzate e centrate su alcuni attori, come Fëanor) tramandate dagli Uomini in Númenor e in seguito nella Terra di Mezzo (Arnor e Gondor); tuttavia, molto tempo prima –nei giorni della prima alleanza fra i Dúnedain e gli Amici degli Elfi con gli Eldar del Beleriand- queste tradizioni culturali si mescolano e si confondono con gli stessi miti umani e le idee cosmiche." [14] Contemporaneamente, inizia un processo di razionalizzazione del mito, che avrebbe potuto terminare con la sua stessa creazione. Come affermano alcuni autori, la pubblicazione de Il Signore degli Anelli rappresenta la fine della fase mitopoietica di Tolkien e l'inizio di un nuovo periodo, quello di correzione o teologico. [15] È possibile vedere la stessa cosa nel famoso Athrabeth Finrod ah Andreth, in cui vengono esposte due visioni della Terra di Mezzo (in questo caso, sul Destino degli Uomini) in contraddizione. Alla fine, non resta che rispondere a una domanda: qual è l'interpretazione corretta? A chi appartiene il mito? Il mito non è solo di Tolkien, ma è della Terra di Mezzo, e tutti i suoi popoli vi partecipano in maggiore o minore misura. Per dirla con Verlyn Flieger, "il mito non appartiene né agli Elfi, né agli Uomini. E neppure alla Cristianità. Il mito non può e non vuole parlare per mezzo di un'unica voce. Dobbiamo ringraziare Tolkien per il coraggio non solo delle sue convinzioni e credenze, ma anche dei suoi dubbi. Una tale onestà in uno scrittore dovrebbe incontrare la stessa onestà da parte dei suoi lettori. Solo accettando le innumerevoli voci, le diverse interpretazioni e i punti di vista a confronto; solo essendo tanto onesti, tanto dubbiosi, tanto speranzosi quanto lo stesso Tolkien; solo ammettendo che il mito appartiene a Tolkien (in tutta la sua indeterminazione e irrisolutezza), potremo dire davvero che il mito è nostro" [16].
È giunto fin qui questo mio studio, il cui obiettivo iniziale era quello di stabilire un canone tolkieniano, un argomento sul quale la proto-Commissione di Storia e Geografia discuteva da molto tempo. Dopo averlo portato a termine, mi rendo conto del fatto che trovare un Canone all'interno dell'opera di Tolkien vuol dire cercare qualcosa di utopistico. L'analisi dei frammenti lo dimostra. Non ritengo che il lavoro sia fallito a causa di questo. Il Canone è irraggiungibile, ma in mano abbiamo strumenti che sono frutto di una ricerca seria, realizzata su solide basi. Tutti i lavori cui ho avuto accesso cercano di semplificare al massimo le strade che trasmettono la tradizione nel tempo, perdendosi lungo il percorso in un'enorme quantità di informazioni. [17] Ma ecco che è Tolkien ad offrirci di nuovo la chiave dei suoi scritti: la sua opera "è costituita da racconti recitati in epoche e luoghi precedenti, e da elementi che provengono da tempi remoti ancor più lontani della visione o della coscienza dello stesso autore." [18] La risposta era più vicina di quello che pensavamo. Ce l'ha fornita lo stesso Tolkien, ma noi non l'abbiamo vista.
Bibliografia
Apeland, Kaj André. On Entering the Same River Twice: Mythology and Theology in the Silmarillion Corpus, in Nils Ivar Agøy (ed.) Arda Special I: Between Faith and Fiction. Tolkien and the Powers of His World. The Tolkien Society of Norway, Oslo 1999.
Baker, Martin. New Middle-earth: Exploring Beyond the Mountains, in Other Hands 13. Chris Seeman, Novato 1996.
Carpenter, Humphrey. Tolkien: A Biography. Houghton Mifflin Company, Boston 1977.
Carpenter, Humphrey. The Letters of J.R.R. Tolkien. (ed. C. Tolkien, H. Carpenter) Allen & Unwin, Londra 1981.
Curry, Patrick. Defending Middle-earth. Tolkien: Myth and Modernity. HarperCollins, Londra 1998.
Flieger, Verlyn. Whose Myth Is It?, in Nils Ivar Agøy (ed.) Arda Special I: Between Faith and Fiction. Tolkien and the Powers of His World. The Tolkien Society of Norway, Oslo 1999.
Foster, Robert. The Complete Guide to Middle Earth. Minotauro, Barcelona 1978.
Goñi Navarro, Luis. Ælfwine: El Sueño de Tolkien. STE, Pamplona 1999.
Goñi Navarro, Luis. La Evolución de Tolkien a través de su Obra, in Estel 22. STE, Pamplona 1998.
Lewis, Alex. Historical Bias in the Making of The Silmarillion, in Patricia Reynolds y Glen H. GoodKnight (eds.) Proceedings of the J.R.R. Tolkien Centenary Conference 1992. Mythopoeic Press y The Tolkien Society, 1995.
Shippey, Tom. The Road to Middle-earth. Allen & Unwin, Londra 1982.
J.R.R. Tolkien (1955), Il Signore degli Anelli, RCS Libri, Milano, 2000.
J.R.R. Tolkien (1977), Il Silmarillion, a cura di C. Tolkien, RCS Libri, Milano, 2000.
J.R.R. Tolkien (1980), Racconti Incompiuti, a cura di C. Tolkien, RCS Libri, Milano, 2001.
J.R.R. Tolkien. The History of Middle-earth, C. Tolkien (ed.), Boston, Houghton Mifflin.
I. The Book of Lost Tales (1)1983.
II. The Book of Lost Tales (2)1984.
III. The Lays of Beleriand 1985.
IV. The Shaping of Middle-earth 1986.
V. The Lost Road and Other Writings 1987.
VI. The Return of the Shadow 1988.
VII. The Treason of Isengard 1989.
VIII. The War of the Ring 1990.
IX. Sauron Defeated 1992.
X. Morgoth's Ring. HarperCollins, London 1993.
XI. The War of the Jewells. HarperCollins, London, 1994.
XII. The Peoples of Middle-earth, HarperCollins, London, 1996.
J.R.R. Tolkien (1964), Albero e Foglia, RCS Libri, Milano 2000.
J.R.R. Tolkien. Il Medioevo e il Fantastico, Luni Editrice, Milano/Trento, 2000.
J.R.R. Tolkien. Ósanwe Quenta in Vinyar Tengwar 39.
Fanno eccezione alcuni casi concreti e circoscritti grazie a La Storia della Terra di Mezzo, di Christopher Tolkien, come riscrittura dei frammenti che si riferiscono alla Rovina del Doriath.
Si veda al riguardo The Complete Guide to Middle-Earth (Guida Completa della Terra di Mezzo), di Robert Foster e il prologo de Il Libro dei Racconti Perduti I.
Si veda Ælfwine, di Luis Goñi, e Historical Bias, di Alex Lewis, per un'analisi più dettagliata sul pregiudizio di Imladris.
Cfr. Il Serpente Uroboros, di R. E. Eddison, un'altra opera chiusa in se stessa.
Secondo quanto ci viene detto nel prologo, una copia esatta.
Si veda il caso di Dírhavel, l'autore della Narn i Chîn Húrin, appartenente alla Casa di Hador, che verso la fine della Prima Era compone l'opera in Sindarin utilizzando una metrica elfica (il Minlamed thent/estent).
Beowulf: mostri e critici in Il medioevo e il fantastico.
I dati biografici di Ælfwine provengono dal saggio di Ælfwine di Atanelda, tratto a sua volta da The Chroniclers of Arda di Måns Björkman.
Questo è un tema ricorrente in Tolkien, cfr. The Notion Club Papers.
Di nuovo un tema ricorrente in Tolkien, preso questa volta dai miti irlandesi e presente nella maggior parte dei miti europei. Cfr. gli uomini di mare nel Mediterraneo, gli uomini di Atlante di Platone, o i Re venuti dal Mare del nord Europa.
Tre compagni, come i tre marinai che accompagnarono Eärendil nel viaggio verso Valinor.
Il nome corrisponde anche a uno dei cavalieri della Tavola Rotonda.
Cfr. Beowulf: mostri e critici in Il medioevo e il fantastico.
Morgoth's Ring.
On entering the same river twice: Mithology and Theology in the Silmarillion Corpus, di Kaj André Apeland.
Whose Myth Is It?, di Verlyn Flieger.
Si veda soprattutto Martin Baker e la sua tesi conosciuta con il nome New Middle Earth, forse la teoria più conosciuta al riguardo.
Galvano e il Cavaliere Verde in Il medioevo e il fantastico.
Il Fosso di Helm